L’Italia del vino, nell’ultimo decennio, è cresciuta notevolmente in termini di identità e qualità assoluta. La rivista americana “Wine Spectator”, dopo un’accurata disamina, ha selezionato alcune cantine ritenute produttrici di alta qualità.
Tanti i nomi noti come: Antinori, Frescobaldi, Tenuta San Guido (Sassicaia), Tasca d’Almerita, Allegrini, Giacosa, Marchesi di Barolo, Castello Banfi, Ormellaia e qualche altra.
Hanno riconosciuto un grande livello di qualità anche ad altre cantine che entrano così nella rosa dei grandi, vedi: Cantina del Gattinara e Vajra (Piemonte), Tramin e Maso Martis (Trentino Alto Adige), ArPePe (Lombardia), Tommaso Bussola della Valpolicella, San Giusto a Rentennano che vanta un Chianti Classico ritenuto il terzo migliore vino al mondo, Nativ in Irpinia, Felline con il suo Primitivo in Puglia, Graci che ha rilanciato la zona dell’Etna, Gravner con i suoi vini friulani macerati nelle anfore giorgiane e altre.
Secondo il direttore di “Wine Spectator” Tom Matthews, il trend enologico italiano è molto positivo, come testimonia il fatto che i vini italiani abbiano conquistato ben 21 posti nella top 110 mondiale. Un continuo miglioramento se nel 2017 erano 16 su 110 e nel 2018 sono saliti a 19 su 110.
A conclusione di questa chiacchierata ricordiamo Luigi Veronelli, deceduto ormai da 15 anni e il suo insegnamento rimasto attualissimo: l’Italia contadina, un mosaico ancora da scoprire e raccontare al di là delle classifiche,